OPERE
Benvenuti nel sito ufficiale di Daniel Bordignon, in arte Daniel Bordy, artista che pratica il Frammentismo.
Le sue opere sono caratterizzate da linee spezzate e uso del chiaroscuro, con il rosso che evidenzia dettagli simbolici ed emotivi.
In questo sito potete trovare le opere selezionate e le informazioni sugli eventi ufficiali.
Elenco delle opere

Liturgia del Conflitto (2025)
Questo quadro si ispira all’opera “Mia Scelta” e reinterpreta lo stesso concetto ovvero una critica alla guerra e alle sue devastazioni ma anche una rappresentazione della contraddizione dell’uomo nell’affidarsi a due opposti: la fede e l’arma.
In momenti di debolezza, l’uomo cerca conforto in questi estremi, evidenziando la complessità della natura.

Radici dell’Anima (2025)
Questa è la mia interpretazione del rapporto tra l’uomo e la natura, tema eterno e universale che ha ispirato artisti e pensatori nel corso dei secoli. Al centro della composizione, un corpo rosso, emblema della condizione umana, si staglia su una rupe in costante angoscia davanti alla forza ineluttabile della natura. La rupe, simbolo di solidità e stabilità, richiama una parte della Bibbia che ho letto, precisamente Isaia 51, “Guarda alla roccia da cui siete stati tagliati”. Tuttavia, in questo contesto, la rupe non rappresenta solo un rifugio sicuro, ma anche un luogo di confronto con la potenza della natura. Il corpo rosso, fragile e vulnerabile, si trova in una posizione di precarietà, come se stesse lottando per mantenere l’equilibrio su un terreno instabile.
I rami dell’albero che si trovano sulla rupe sono collegati al corpo in modo organico, quasi come i cordoni ombelicali dei neonati, suggerendo una sorta di rinascita dell’uomo nuovo, tutt’uno con la natura.
L’uomo non è più visto come un’entità separata e dominante, ma come un elemento che si inserisce in un ecosistema più ampio, del quale condivide il destino.

Il peso delle ore (2025)
L’opera ritrae una figura da cui emerge un orologio che ne attraversa lo stomaco, simbolo di un malessere profondo legato allo scorrere del tempo.
Il tempo non è più un concetto astratto, ma una presenza fisica, quasi dolorosa, che lo lacera dall’interno.
Esaminando l’opera, sentiamo il peso dei giorni che sfuggono e il rimpianto per le occasioni perse. L’orologio che fuoriesce mostra un tormento viscerale, non altro che l’ossessione per il tempo che passa.

Prigionia di Fumo 1 (2025)
Un corpo imprigionato, piegato in una gabbia di fuliggine.
Il respiro negato,
il passaggio bloccato.
Come Icaro, caduto prima del volo.
Come Antigone, sepolto senza voce.
Il passato sparso intorno,
ridotto in cenere,
ma non scompare.
Il camino, condotto tra dentro e fuori, tra casa e cielo, si fa trappola.
L’uomo tenta di elevarsi, di fuggire, ma a volte è la sua condizione che lo divora.

Prigionia di Fumo 2 (2025)
Un corpo imprigionato, piegato in una gabbia di fuliggine.
Il respiro negato,
il passaggio bloccato.
Come Icaro, caduto prima del volo.
Come Antigone, sepolto senza voce.
Il passato sparso intorno,
ridotto in cenere,
ma non scompare.
Il camino, condotto tra dentro e fuori, tra casa e cielo, si fa trappola.
L’uomo tenta di elevarsi, di fuggire, ma a volte è la sua condizione che lo divora.

Sconfitti (2025)
Una testa urlante è soffocata da una mano che tenta di coprirne il volto, un atto di censura brutale.
Come nell’Urlo di Munch, dove un volto deformato dal terrore esprime un’angoscia universale, quest’opera trasmette un senso di oppressione estrema.
Nell’occhio spalancato compare la parola “verità”, ad indicare una volontà ridotta in silenzio.
Intorno, le scritte
“nessuna scelta”
“nessuna libertà”
“nessuna democrazia”
rafforzano il messaggio: questa immagine rappresenta la repressione dei diritti umani, dove potere e paura schiacciano la libertà di espressione e la giustizia.

Frammenti di Sé (2025)
Quest’opera mostra il desiderio umano di raggiungere qualcosa di grande o ideale, rappresentato dalla luce.
Il corpo, con le braccia protese in avanti, simboleggia la nostra costante ricerca di successo, felicità o di qualcosa che spesso non ci appartiene.
Tuttavia, sebbene manchi poco, l’obbiettivo non è raggiungibile.
Il corpo viene trascinato all’indietro da un panno simile a un cappio, che ne porta via un pezzo, questo è il prezzo che paghiamo per questa ricerca.
Ogni passo verso ciò che desideriamo può portarci a perdere una parte importante di noi stessi.
L’opera ci invita a riflettere su quanto valga davvero la pena inseguire certi sogni, soprattutto se ci portano a cambiare o sacrificare parti essenziali della nostra identità.

Convivio di un Errore 3, trittico di opere (2025)
Un gruppo di persone forse facente parte di una setta è riunito ad un tavolo, un convivio appunto, ma vengono stravolti da un fatto terribile.
Nel terzo pannello, al centro, l’uomo seduto al tavolo contempla un libro di preghiere, forse ne recita i versi per placare l’agitazione percepibile nella stanza.
L’intero trittico evoca caos e tradimento, in particolare il terzo pannello. Sullo sfondo, il buio oltre la porta suggerisce che qualcuno potrebbe entrare o fuggire, ignaro degli eventi. Dietro l’uomo, delle figure trasportano una bara, testimoni del delitto. In primo piano appare, ironicamente, una tardiva “chiamata del destino” che informa del terribile fatto la figura al telefono, nel primo pannello.

Convivio di un Errore 2, trittico di opere (2025)
Nel silenzio assordante, ognuno dei presenti reagisce in modo diverso, ma è chiaro che tutti sono dilaniati tra un misto di orrore, incredulità e un giudizio silenzioso, verso ciò che si è appena consumato.
Tra loro, una figura misteriosa emerge dalla confusione: è un uomo che si allontana rapidamente, quasi correndo. Il volto semicoperto e il pugnale ancora stretto nella mano tremante. Si percepisce la sua angoscia, sembra essersi reso conto troppo tardi di aver colpito la persona sbagliata, scatenando un disastro irreparabile. La tensione cresce mentre gli sguardi puntano alla figura al centro. Il vero bersaglio, ancora ignaro che il suo posto è stato preso da un altro.

Convivio di un Errore 1, trittico di opere (2024)
In una stanza cupa, rischiarata solo dalla luce tremolante di alcune candele, delle figure incappucciate siedono a un tavolo di legno.
L’ atmosfera è carica di tensione.
Un uomo giace riverso all’indietro su una sedia, la testa però (che porta il mio volto) è poggiata sul tavolo.
Una mano pende inerme, intrecciata con il cavo di un telefono. Accanto a lui, una figura si alza improvvisamente, indicando col dito il bersaglio mancato.
Il gesto svela a tutti la gravità dell’errore, scatenando un silenzio carico di sgomento.
I volti delle figure si deformano, sospesi tra incredulità e giudizio, mentre l’imminente tragedia avvolge la scena, amplificando il senso di desolazione e colpa.

Necessito (2024)
Questo lavoro si fonda sul pensiero del filosofo Giorgio Agamben, noto per i suoi scritti di filosofia politica, che sostiene che il Medioevo non possa essere compreso senza il concetto di Dio, così come il nostro tempo è incomprensibile senza il concetto di denaro. (Il Regno e la Gloria, 2007)
Da questo concetto è nata quest’opera, una pesante critica verso il “necessito” più superfluo, non quindi quello reale della vita ma quello indispensabile per sentirsi accettato nella società di oggi, il soldo.

Senza Titolo (2024)
Opera rappresentativa di un sogno, che offre una doppia lettura:
può essere visto come la scena del giudizio finale in cui Dio giudica l’umanità.
Quest’ultima la rappresento rannicchiata su un lungo ponte con numerosi archi.
Guardando più nel dettaglio è possibile distinguere i diversi soggetti:
La sagoma rossa è colei che sovrasta gli altri elementi, così come celi che stringe nelle mani e si presenta con 3 occhi (numero ricorrente nella cristianità) disposti in verticale che come fari condannano l’umanità.
Distinguiamo una donna urlante trattenuta da un uomo dietro di lei, una figura con un abito pregiato (a simboleggiare le diverse classi sociali nella stessa situazione), nella parte inferiore, si vedono le tombe aprirsi e i morti risorgere, nell’estremità destra, invece, sta tra i dannati una figura ecclesiastica che non giova della presenza divina, ma anzi è sconfortata per aver perso la sua posizione di potere e di venire giudicata al pari di tutti gli uomini.

Senza Titolo (2024)
Opera rappresentativa di un sogno, con il tema del troppo attaccamento emotivo e della manipolazione, è presente una figura che ricorda un’apparizione miracolosa, indomabile, impalpabile, innominabile.

Mia scelta (2024)
Critica a tutti i moralmente sconfitti nel conflitto, vincitori o perdenti che siano.
Centralmente si incrociano un crocifisso ed un fucile a simboleggiare il contrasto tra i due che, tuttavia, non ne impedisce l’incontro.
Il soldato in basso nel centro-sinistra riflette con l’elmo l’osservatore (nella folla) ed un compagno terrorizzato mentre urla.